Biennale di Venezia 2017| Lee Wan che si è inventato un’equazione per calcolare esattamente quanti minuti al giorno lavoriamo per mangiare
Entrando nella sala che il Padiglione Corea della Biennale di Venezia ha dedicato all'installazione "Proper Time" dell’artista Lee Wan, si resta catturati nel vedere le pareti tappezzate da dicine di orologi.
Sono tutti uguali ma su ognuno è scritto un nome, un anno, una professione e un Paese diversi. Ci si chiede perché ed inevitabilmente si pensa al destino, allo scorrere del tempo, alla morte.
Sbagliato!
'Proper time’ non parla di questi temi. In modo molto più pragmatico l’artista si è domandato quanti minuti al giorno tocca lavorare per pagarsi da mangiare. E quanto questo lasso di tempo cambia a seconda del Paese in cui si abita, della professione e dell’età. Visto che messa così la questione presenta parecchie variabili e che Lee Wan è una persona precisa, ha deciso di inventare una formula matematica per calcolarlo con esattezza. E l’ha usata su un campione da lui personalmente esaminato. Per completare ‘Proper time”, ha impiegato 5 anni in cui ha viaggiato in vari Paesi e intervistato persone diverse tra loro.
"I pasti sono necessità universali che trascendono i confini, le classi e le religioni- spiega Lee Wan- Presentando i valori dei pasti per la colazione in diverse condizioni (determinate dal PIL, dalla cultura, dalla tradizione, dalla religione, dalla ricchezza, dalle differenze di lavoro e dalle differenze biologiche), ho inteso quantificare il tempo di ogni singolo sforzo nei termini della teoria del tempo di Einstein (…)E poi mi sono chiesto se è anche possibile valutare la propria vita in base a tali norme economiche." (…)
Al centro della stanza che ospita l’installazione ‘Proper time’, è stata posizionata la scultura ‘For a better Tomorrow’ che riproduce l’iconografia classica delle immagini di propaganda. Ma i personaggi sono senza volto e l’opera è stata realizzata in plastica.
"I miei genitori hanno vissuto i giorni della ricostruzione e dello sviluppo del Paese lasciato in rovina dalla Guerra di Corea (…)"Per un domani migliore", "L’esportazione è l’unica via d’uscita" e "Il sudore di oggi è la felicità di domani" sono slogan di quei tempi. Il governo coreano, allora, promuoveva gli slogan e le immagini propagandistiche che promettevano un futuro migliore come risultato di un duro lavoro nel presente. Il tempo è passato, e adesso noi viviamo quel futuro. Ma guarda il nostro Paese oggi."