Trent'anni di Jeff Koons in mostra all'Ashmolean di Oxford, il museo universitario più antico del mondo
“Controverso”, “ricchissimo”, “geniale”, “falso”, “incredibilmente professionale”, “un pallone gonfiato”. Sono pochi gli artisti che suscitano giudizi così discordanti ma non smettono, nel bene e nel male, di far parlare di se. Jeff Koons è sicuramente uno di loro. E almeno sul fatto che sia ricchissimo c’è unità di vedute.
Mercoledì scorso l’Ashmolean Museum dell’Università di Oxford ha inaugurato una mostra che ripercorre trent’anni del lavoro di Jeff Koons (fino al 9 giungo 2019). Si intitola, appunto, “Jeff Koons at the Ashmolean”. Curata dallo stesso Koons in collaborazione allo storico dell’arte Norman Rosenthal, riunisce diciassette opere importanti dell’artista statunitense (14 di queste non erano mai state esposte prima in Regno Unito). La mostra abbraccia l'intera carriera dell'artista e comprende le sue serie più famosa tra cui Equilibrium, Statuary, Banality, Antiquity e le più recenti sculture e dipinti di Gazing Ball.
L’Ashmolean Museum, la cui collezione permanente raccoglie pezzi che vanno dalle mummie egizie fino all’arte contemporanea, è stato fondato nel 1683 ed è il museo universitario più antico al mondo.
"Non potrei pensare a un posto migliore-ha detto Jeff Koons- per un dialogo sull'arte oggi e su cosa possa essere."
Così, invece, il Dr. Xa Sturgis, direttore dell'Ashmolean: “Questa mostra genera un dialogo tra il lavoro di Jeff Koons e la storia dell'arte e delle idee alla quale la sua opera partecipa. Sono sicuro che provocherà anche conversazioni tra coloro che la vedranno. "
Insomma, Jeff Koons at the Ashmolean si basa sul modello del dialogo tra arte contemporanea e antichi maestri, adesso molto in voga (qui ho parlato ad esempio delle mostre di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi e Cai Guo-Qiang agli Uffizi, ma vi si potrebbe ascrivere, anche se con un progetto curatoriale più ambizioso, pure la collettiva Sanguine alla Fondazione Prada).
L’esposizione comprende alcune delle opere più iconiche e conosciute dell’artista statunitense. A partire da One Ball Total Equilibrium Tank (1985), della serie Equilibrium, in cui un pallone da basket immerso in una teca di vetro piena d’acqua, riesce a rimanere esattamente a metà del liquido (il trucco Koons lo trovò grazie alla collaborazione del fisico vincitore del Nobel Richard Feynman). O Rabbit (1986) in cui l’artista riproduce in acciaio specchiato un giocattolo di plastica. Fino a pezzi più recenti come Seated Ballerina del 2010-15 (di cui Jeff Koons ha fatto anche una versione sovradimensionata e gonfiabile; ne ho parlato qui), o Balloon Venus (Magenta) (2008-12) che rappresenta l’antichissima Venere di Willendorf come se fosse fatta in palloncini annodati. Entrambe della serie Antiquity.
Della fazione dei detrattori, il The Guardian, in occasione di questa mostra ha dedicato a Koons un’intervista e un testo critico sulla sua carriera. Entrambi poco lusinghieri per l’artista ma davvero piacevoli da leggere.
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