Metaspore: tra batteri, fiori fritti e strani profumi l’arte spiazzante di Anicka Yi
L’artista coreano-americana Anicka Yi lavora con una moltitudine di materiali diversi e inconsueti. Tra gli altri: mazzi di fiori fritti in tempura, latte in polvere, antidepressivi, pidocchi di mare, disturbatori di segnale dei telefoni cellulari, tuorlo d’uovo. Ma i suoi preferiti sono le colture di batteri, le microalghe e i profumi (per altro non sempre piacevoli). Secondo Yi, infatti, l’olfatto è un senso sottovalutato che in un modo o nell’altro finisce per avere un ruolo nella maggior parte delle sue opere. Lei lo associa al gentil sesso e ne fa un emblema di lotta femminista.
Attualmente alla Turbine Hall della Tate Modern di Londra (sede ambitissima e il più delle volte capace di consacrare definitivamente un artista), i suoi robottini volanti simili a meduse spruzzano aromi sui visitatori, cui si avvicinavano attratti dal calore corporeo. L’opera si chiama In Love with the World e propone un viaggio olfattivo nella storia più remota del quartiere in cui ha sede il museo.
In genere, d’altra parte, i suoi sono profumi strani. Come quando, al Guggenheim (New York), ha impregnato l’ingresso della sede espositiva con una fragranza che mixava l’odore delle formiche al sudore delle donne asiatico-americane. "Il profumo coinvolge un diverso livello della nostra coscienza- ha spiegato in un’intervista a Vogue Uk- e ci ricorda che siamo parte del mondo naturale, che è una fonte di profondo trauma per molte persone”.
Concetto che ritorna nell’ interesse per i batteri, che nell’ottica di Yi, prima di tutto evocano la nostra ossessione per il controllo e la pulizia. Per altro del tutto vana. Come ha detto ai tempi della personale al museo newyorkese: "Hai a che fare con una società eccessivamente ossessionata dalla pulizia. Ed è in parte per questo che lavoro con i batteri. Soprattutto in occidente, abbiamo questa morbosa paura degli aromi pungenti e dei batteri”.
Nonostante il ruolo che nelle sue dichiarazioni l’artista riserva all’olfatto, il lavoro della Yi è bello a vedersi. Il fatto che prima di cominciare a fare l’artista abbia gravitato nel campo della moda lascia il segno nel gusto raffinato per il colore e nella presentazione impeccabile delle forme.
Per rendersene conto basta guardare Biologizing the Machine (Terra Incognita) presentata alla scorsa edizione della Biennale di Venezia, che Anicka Yi riproporrà in una versione ampliata dal titolo Biologizing the Machine (spillover zoonotica), (realizzata in collaborazione con il dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca), nella mostra Metaspore in programma da febbraio al Pirelli Hangar Bicocca di Milano.
L’opera è null’altro che una coltura di batteri e minuscole alghe appositamente ingegnerizzati per rispondere a un sistema di intelligenza artificiale che ne regola la crescita. Il che suona molto scientifico, a tratti persino fantascientifico, ma per nulla visivamente intrigante. Invece no. I pannelli che compongono Biologizing the Machine (Terra Incognita) ricordano la pittura astratta per i toni discreti ma ricchi oltre alle tessiture tattili. E a differenza dei quadri, cambiano aspetto col passare del tempo.
A livello concettuale invece, il lavoro dell’artista newyorkese d’adozione, punta alla filosofia attraverso un linguaggio artistico rubato alla ricerca scientifica. Le piace fare riferimenti all’evoluzione e valutazioni socio-politiche, anche se il fulcro della sua ricerca si basa su come i fattori invisibili, o comunque difficilmente decodificabili col solo sguardo, possono modificare noi e l’ambiente in cui viviamo .