Batteri, alghe e algoritmi si parlano nelle opere, che sembrano dipinti astratti, di Anicka Yi
Coreana, Anicka Yi non si è formata come artista, la filosofia è l’obbiettivo delle sue opere e la scienza un mezzo per avvicinare l’osservatore alle domande che lei stessa si pone. Tuttavia i colori dei suoi lavori e spesso anche la loro tessitura non mancano di bellezza e una certa intensità.
“Biologizing the machine (terra incognita)”, per esempio, l’installazione che Anicka Yi ha presentato alla Biennale di Venezia 2019. “May you live in Interesting Times”, è giocata su una paletta di colori intriganti che esplodono nella monocromia dello spazio espositivo. Fa persino pensare all’Informale. E il fatto che col tempo la cromia e le forme si modifichino non fa altro che aggiungere fascino ai pannelli della Yi. Eppure si tratta soltanto di una coltura di Winogradsky (dal nome di un microbiologo russo), cioè un ecosistema di biofilm batterico e colonie di microalghe.
Non si può neppure dire che lo scopo principale dell’artista fosse quello di mostrarci un momento di raccordo tra la storia dell’arte e l’esperienza scientifica. “Biologizing the machine (terra incognita)”, infatti, fa parte di una serie di opere in cui Anicka Yi si chiede come stabilire nuovi canali di comunicazione tra l’intelligenza artificiale delle macchine e forme di vita organiche.
Una domanda difficile a cui l’artista risponde con un meccanismo altrettanto complesso: “I pannelli di Winogradsky- spiega la guida della Biennale- attivati da un particolare odore emesso dai batteri appositamente ingegnerizzati al loro interno, incorporano un sistema di IA che ne regola la crescita (…)”. Insomma, così la macchina e le microscopiche forme di vita dell’opera della Yi si parlano. Anzi, dipendono l’una dalle altre. L’odore è l’elemento scatenante e la lingua comune di questo strano dialogo. Questo spinge l’artista a chiedersi: se in futuro le macchine avranno più naso di noi, il nostro olfatto si ridurrà ulteriormente?
Le opere di Anicka Yi hanno il pregio e il difetto di condurre in un dedalo di domande che portano ad altre domande ancora. Ma viste dal vivo sono piacevoli e capaci di generare emozioni in chi le guarda a prescindere.