I 1500 granchi di porcellana dipinta per denunciare un’ingiustizia e le altre strane opere a Palazzo Strozzi. By Ai Weiwei
Restano ancora pochi giorni per visitare “Ai Weiwei. Libero” (fino al 22 gennaio) la grande e bella mostra che Palazzo Strozzi ha dedicato alle opere dell’artista e attivista politico cinese, Ai Weiwei.
Ci sono grandi installazioni, quadri (una nutrita serie di ritratti di dissidenti politici dall‘antichità ad oggi fatti coi mattoncini Lego), fotografie e sculture. Raffinate e minute porcellane ammucchiate o accostate l'una all'altra (come "He xie" o "Blossom"), dissacranti foto dei simboli storici (la serie "Study of perspective"), antichissimi vasi (la dinastia Han copre il lasso di tempo che va dal 206 a.C. al 220 d.C.) ricoperti di vernice per auto ("Han dynasty vases with auto-vases"). Oltre a “Reframe” l’installazione site-specific di Ai Weiwei composta di 22 gommoni che tutti hanno visto e che allude alle tragiche migrazioni umane.
C’è di tutto, compresa una certa celebrazione della personalità istrionica di Ai Weiwei. Del resto, Arturo Galansino (che oltre ad essere il direttore di Palazzo Strozzi anche il curatore della mostra) entra in contatto con l’artista quando ancora è agli arresti domiciliari per la sua attività politica, nessuno sa quando potrà di nuovo viaggiare. E poterlo avere alla mostra, fresco di rilascio, deve essergli sembrata una fortuna insperata, che ha rafforzato l’accento che “Ai Weiwei. Libero” pone sull’indipendenza intellettuale dell’artista.
“Ai Weiwei non è un artista come gli altri- scrive Arturo Galansino nell’introduzione del catalogo- Avendo denunciato la corruzione di Stato e il mancato rispetto dei diritti umani in Cina, è stato arrestato, picchiato, segregato e privato delle libertà fondamentali. La sua attività di dissidente è andata di pari passo alla produzione artistica, continuando a produrre opere che ne esplicitano le convinzioni politiche lasciando spazio alla creatività e alle sperimentazioni. Ai Weiwei è diventato un simbolo della lotta per i diritti umani, come attesta il titolo di “Ambassador of Conscience” conferitogli da Amnesty International, e la sua voce echeggia fuori dal mondo dell'arte, si rivolge all'umanità intera e ci parla di temi legati all'umanità stessa. Al tempo del mio invito, accolto subito con entusiasmo, Ai Weiwei non poteva ancora lasciare la Cina e pensavo, quindi, che si sarebbe trattato di un’altra mostra con l’artista coinvolto soltanto da lontano”.
Il filo conduttore dell‘esposizione è il rapporto ambivalente di Ai Weiwei con la Cina. Celebrata e denunciata nelle sue opere. E di riflesso quello del cittadino di fronte al potere politico. Ma anche il tema più intimo ed intrigante dell’impossibilità di affermare l’individualità di fronte alla molteplicità e all’inarrestabile fluire della Storia.
Senza dimenticare che “Ai Weiwei. Libero” è prima di tutto una mostra di opere d’arte contemporanea, belle da vedere, che per la prima volta invadono le antiche sale di Palazzo Strozzi.
Qualche pezzo è stato fatto apposta. Un autoritratto di Ai Weiwei rimarrà addirittura, donato dall’artista agli Uffizi (“Self-Portrait” entrerà a far parte della Collezione degli Autoritratti).
la storia dell installazione in porcellana dipinta "Hi xie":
Nel 2008 Ai Weiwei viene invitato dalle autorità di Shanghai a costruire uno studio a Malu Town. Quando lo studio è ultimato, nell’ottobre 2010, lo stesso governo municipale, a causa dell’attività politica, dichiara che è stato costruito senza i necessari permessi e stabilisce che venga demolito. Ai Weiwei invita così molte persone via internet a partecipare a una festa il 7 novembre 2010, per celebrare contemporaneamente l’ultimazione dello studio e la sua demolizione. Per impedirgli di essere presente al party viene messo agli arresti domiciliari a Pechino: gli ottocento ospiti mangiano granchi di fiume, in cinese he xie, dal suono simile alla parola che indica “armonia”, slogan del governo, ma che ha anche assunto il significato di “censura”. Per "Ai Weiwei. Libero" Ai Weiwei ha accatastato millecinquecento granchi in porcellana, ricordando che in Cina questi crostacei hanno una lunga tradizione iconografica. L’11 gennaio 2011 lo studio viene raso al suolo senza preavviso.