Una serie di fotografie mostra gli orsi polari stabilirsi nelle case abbandonate su una remota isola russa

All images © Dmitry Kokh

L’Isola di Kolyuchin è una remoto lembo di terra in balia dei venti gelidi, nel bel mezzo del Mare dei Čukči, tra la Siberia e l’Alaska. E’ piccolissima e pressochè disabitata. Tanto che il fotografo russo Dmitry Kokh, specializzato in immagini di fauna selvatica, non pensava sarebbe stata una tappa fondamentale della sua spedizione. E invece gli scatti che ha fatto lo scorso settembre agli orsi polari sono già famosi. Del resto, nelle foto, i grandi mammiferi erano intenti a guardarlo incuriositi dalle finestre di una casa abbandonata di cui davano l’impressione di aver preso pieno possesso.

"Ho sempre voluto scattare delle belle foto di orsi polari- ha scritto Kokh- e quello era l'obiettivo principale della nostra spedizione. Ci aspettavamo di incontrarli principalmente sull'isola di Wrangel, famosa in tutto il mondo per essere la casa di molti orsi”.

L’estate 2021, infatti, è stata particolarmente fredda al profondo nord della Russia e probabilmente per questo gli orsi bianchi sull'isola di Wrangel non si sono fatti vedere.

Ma la natura- continua il fotografo moscovita- ti manda sempre qualcosa quando meno te lo aspetti: quando siamo passati attraverso l'isola di Kolyuchin, vicino alla costa settentrionale di Chukotka, abbiamo visto dei movimenti nelle finestre delle case abbandonate lì. E quando ci siamo avvicinati, quelli erano orsi! Mai prima d'allora erano stati visti in quegli edifici”.

L’isola di Kolyuchin, completamente ricoperta dalla tipica vegetazione della tundra, misura appena 4 chilometri e mezzo in lunghezza mentre non supera neppure il chilometro e mezzo in larghezza. A nord ci sono le tracce di un insediamento temporaneo di cacciatori di trichechi ma in genere sull’isolotto non abita nessuno. Tuttavia non è sempre stato così., negli anni ‘30, in un periodo di sviluppo della zona, vi era stato eretto un centro metereologico che venne abbandonato negli anni ‘90. Ed è lì che Kokh ha incontrato e fotografato gli orsi bianchi

Inutile dire che possono essere pericolosi

Prima di tutto- ha spiegato- mai tentare mai di avvicinarsi a un orso polare. E in secondo luogo, ma non meno importante, la tattica 'non disturbare' è la mia priorità in qualsiasi momento con gli animali, quindi gli orsi polari dell'isola di Kolyuchin non sono stati né disturbati né danneggiati.”

L’immagine di uno degli orsi polari colti nella stazione metereologica in disuso sull’Isola di Kolyuchin si è aggiudicata il podio in un concorso organizzato dal National Geographic. Dmitry Kokh ha un sito internet e un account instagram su cui condivide le fotografie scattate ad animali sulla terra e sott’acqua (è anche un esperto sommozzatore).

Una mattina, all'improvviso, delle sculture di sabbia ghiacciata sono comparse su una spiaggia del Lago Michigan

All images © Joshua Nowicki

Avrebbe potuto sembrare un evento soprannaturale, non fosse che nella cittadina di St. Joseph, poco più di 8mila abitanti, sulle sponde del Lago Michigan (nel Midwest degli Stati Uniti), sono abituati. Tutti gli anni, infatti, nel corso degli inverni gelidi che caratterizzano la zona, capita che sulla spiaggia bianca e finissima facciano la loro comparsa, senza nessun preavviso, delle strane opere di sabbia ghiacciata. E tutti sanno, nessuno escluso, che a scolpirle è sempre il vento.

Il fotografo Joshua Nowicki ha catturato questo fenomeno magico ed effimero due settimane fa, guadagnandosi l’attenzione dei media e della rete.

Scorrendo le sue immagini si possono osservare queste forme svettanti e rifinite, diverse da uno scatto all’altro, sia per il grande numero e la posizione, che per i momento in cui sono state colte. “Non durano molto a lungo- ha spiegato Nowicki- (di solito solo un paio di giorni). Il vento le erode completamente o le abbatte. Se la temperatura sale sopra lo zero si sbriciolano e spesso in inverno vengono presto ricoperte da un velo di neve".

il formarsi di queste sculture di sabbia ghiacciata, simili a vasi e formazioni rocciose, modellate dal vento, è sicuramente un riflesso degli inverni rigidi del Midwest. Ma a differenza di quanto si potrebbe pensare le temperature di St. Joseph (dove dal ‘79 al 2011 si è tenuto un festival veneziano per la somiglianza del piccolo centro americano alla Serenissima), che normalmente nella stagione fredda non scendono al di sotto dei meno sei gradi, non sono molto diverse da quelle della Pianura padana. A fare la differenza è il vento e, occasionalmente, la persistenza del freddo.

Di solito le strane forme sono incantevoli ma lillipuziane. Questa volta invece il fotografo Joshua Nowicki ha dichiarato che le sculture di sabbia ghiacciata erosa dal vento arrivavano a circa 38 centimentri d’altezza. (via Colossal)

Una foto interattiva da 717 gigapixel per guardare La Ronda di Notte di Rembrandt come non si era mai vista

All images courtesy of Rijksmuseum

Quella scattata a la Ronda di notte (De Nachtwacht), il capolavoro di Rembrand completato nel 1642, è la foto più grande mai fatta ad un’opera d’arte (molto più grande di quella precedentemente resa disponibile). Ben 717 gigapixel in totale che permettono di vedere anche dettagli invisibili ad occhio nudo. Per realizzarla è stato necessario cucire insieme 8439 immagini di grande formato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. E adesso il risultato è a disposizione di tutti sul sito del Rijksmuseum di Amsterdam.

La fotografia è ad altissima definizione. Si compone, infatti, di 71 miliardi di pixel, talmente minuscoli da essere più piccoli di un globulo rosso umano.

"Il team- è spiegato sul sito internet del museo olandese- ha utilizzato una fotocamera Hasselblad H6D 400 MS da 100 megapixel per realizzare 8439 foto individuali di 5,5 cm x 4,1 cm. L'intelligenza artificiale è stata utilizzata per unire insieme queste fotografie più piccole per formare l'immagine finale di grandi dimensioni, con una dimensione totale del file di 5,6 terabyte".

Il risultato, parte del più ampio progetto di ricerca e conservazione Operation Night Watch, è sorprendente. Esplorare La Ronda di Notte è molto facile e permette di vedere i dettagli delle pennellate, spatolature e sovrapporsi di toni, oltre a minuscole crepe e punti in cui la massa cromatica è deteriorata o perduta. Come nel caso del cagnolino non lontano dal capitano Frans Banning Cocq (il committente di Rembrandt, posto al centro della scena) di cui si conserva solo un abbozzo.

D’altra parte il grande olio su tela di Rembrandt (misura quasi 4 metri per 4 metri e 38 centimentri), noto anche come Notte di veglia o La guardia civica in marcia, ha una storia molto travagliata alle spalle. Lo stesso nome che porta è frutto di un fraintendimento settecentesco. Infatti, quando venne spostato nel municipio di Amsterdam (1715), era deturpato da uno strato di sporco talmente fitto da venire scambiato per una scena notturna. Ai tempi si decise anche di restringerlo per adattarlo a una parete altrimenti troppo piccola. Così il capolavoro del maestro di Leida venne privato di una striscia verticale di un metro di base sul lato destro e di una di circa 30 centmentri su quello sinistro. Un vandalismo figlio dell’ignoranza e di un’epoca turbolenta a cui ne seguì un secondo nel 1975 (un pazzo lo colpì più e più volte con un coltello, procurandogli 13 squarci) e un terzo negli anni ‘90 (spruzzato d’acido, il dipinto, per fortuna questa volta non riportò danni).

Il team del Rijksmuseum di Amsterdam si è spinto però oltre il restauro (ancora in corso) e la fotografia interattiva ad altissima risoluzione. E attraverso un dettagliato confronto con una copia de La Ronda di Notte, custodita alla National Gallery di Londra, ha ricreato le parti mancanti dell’opera, senza ancora una volta disdegnare l’aiuto dell’intelligenza artificiale. (via Newatlas)