I sorprendenti tombini giapponesi come colorate opere di street-art che si possono anche collezionare

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In Europa i tombini nella migliore delle ipotesi sono testimonianze di storia locale a cui nessuno fa caso. A volte hanno un design particolare ma lo smog e l’usura finiscono per uniformarli al manto stradale e a renderli di fatto trasparenti.

I tombini giapponesi invece, spesso coloratissimi, e dal design infinitamente vario, si sono nel tempo trasformati in una meta turistica. Cambiano a seconda della municipalità. E recentemente sono stati persino effigiati su una serie di tessere da collezione (come le figurine dei calciatori per intenderci, ma senza un lato adesivo).

L’idea di personalizzare i tombini a seconda della città venne nella seconda metà del ‘900 a un funzionario del Ministero delle Infrastrutture. L’uomo riteneva si trattasse di una buona strategia per sensibilizzare i contribuenti e convincerli a finanziare costosi impianti fognari.
L’intuizione ebbe un grande successo. Ci furono dei concorsi e le città cominciarono a gareggiare le une con le altre per presentare tombini dai disegni sempre più belli.

Oggi, secondo diverse fonti, ci sarebbero 6mila diversi design. Spesso decisi in accordo con la comunità locale. I motivi ricorrenti sono legati alla natura (fiori, uccelli, piante) ma sui tombini di ogni municipalità compare qualcosa che la caratterizza e anche le mascotte, a volta, fanno la loro comparsa.

A tenerne scrupolosamente nota in ogni caso c’è la Società Giapponese dei Tombini.

Dal 2014 si tiene anche un summit dedicato ai tombini. E proprio in occasione di una di queste riunioni di entusiasti sono state distribuite le prime tessere collezionabili.

Per saperne di più sui tombini giapponesi potete dare uno sguardo al video in fondo a questo post (in inglese) in cui il canale “ONLY in Japan” ha visitato la fabbrica di tombini Nagashima Imono Casting Factory (via Colossal)

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photo courtesy S. Morita

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Jeff Koons riproduce la copia della Monna Lisa sulle borsette di Louis Vuitton

Si tratta di un gioco di specchi tra vero e falso, ironia e serietà, arte e vita. Sembra una noia? Macchè è “Masters”, la nuova collezione di borse create da Jeff Koons per Luis Vuitton, fresca di presentazione nella cornice del Louvre.

E bellissima, of course. Per celebrare un po’ le opere degli antichi maestri e un po’ Jeff Koons.  

C’è Leonardo con la Gioconda, ma anche Rubens con “La caccia alla tigre”, Van Gogh con il “Campo di grano con cipressi”, Fragoard con “La Gimblette” e Tiziano con “Marte Venere e Cupido”. Tutti capolavori iconici, rigorosamente riprodotti su un emblema popolare (si fa per dire) dello stile, come la borsa Luis Vuitton. Ma l’artista americano non si è limitato a scegliere di stampare le opere degli antichi maestri sugli accessori: le ha prima copiate lui steso. Si tratta, insomma, di riproduzioni delle copie dei capolavori firmate Jeff Koons.

“Masters” diventa così una continuazione della serie “Gazing Ball” di Koons, in cui l’artista ricalca le opere del passato inserendo al centro della composizione ad olio una sfera riflettente blu. Nelle tele che fanno parte di “Gazing Ball”, insomma, chi guarda si può specchiare.

Allo stesso modo nella collezione di borse creata per Vuitton, l’artista ha inserito il nome del pittore del passato, le sue iniziali e quelle della ditta in metallo dorato. Riflettente a sua volta,

La fashion house francese ha dichiarato: "Ripresentando questi celebrati pezzi sulle borse di Louis Vuitton, Koons una volta ancora, invita gli osservatori a considerare questi lavori nuovamente, aprendo il museo al mondo e incoraggiandoci a sperimentare gli antichi maestri in un modo nuovo."

All’interno di ogni borsetta sono stampate la biografia dell’artista del passato cui è ispirata e quella di Koons. La targhetta a forma coniglietto stilizzato evoca “Rabbit”, opera-simbolo e soggetto ricorrente dell’americano.

Non è la prima volta che la Luis Vuitton collabora con un artista per creare una collezione-accessori, già ci sono passati Cindy Sherman,  James Turrel e Olafur Eliasson. Anche se la sinergia più nota resta quella tra il marchio francese e Yayoi Kusama. (via Dezeen, Wallpaper)

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